Il Seeing, cosa, dove e perche’

Introduzione


Quando osserviamo il cielo, il nostro ‘sguardo’, attraversa l’atmosfera terrestre, che non e’ propriamente trasparente come sembra, e’ costituita infatti da parecchi chilometri di particelle mosse da strutture complesse in grado di alterare l’immagine che arriva al nostro occhio.

Gli osservatori del cielo, sanno bene quanto la turbolenza atmosferica causa, nelle immagini astronomiche, delle perturbazioni che si traducono in distorsioni sia dell’intensita’ che della forma delle strutture spaziali presenti nelle immagini col risultato che quella che giunge al suolo, deformata e indebolita non possiede piu’ tutte le caratteristiche iniziali, facandoci apparire scintillamenti delle stelle, deformazioni nei pianeti, spostamenti nel campo e perdita di dettagli nelle osservazioni.

Per avere una piccola dimostrazione, e’ sufficente guardare con un piccolo telescopio la luna, osservando l’immagine , ci si accorge presto come questa ‘balli’ e si muova in maniera simile all’orizzonte osservato in lontananza in una calda giornata estiva.

Dobbiamo immaginare l’atmosfera terrestre come un fluido che come un guscio avvolge il nostro pianeta, e come tale si muova.

La turbolenza atmosferica e’ pesantemente influenzata da alcuni fattori come, il sito osservativo, la stagione, la vicinanza da grossi centri abitati,l’agitazione dell’aria e altri ancora.

Il seeing, letteralmente ‘turbolenza’ indica quanto questa influisce sull’immagine astonomica che stiamo osservando.

In particolare gli oggetti del sistema solare sono influenzati (negativamente) dal seeing, rendendo inutili, dal punto di vista dell’osservazione, serate apparentemente eccezionali.

Le parole di un grande osservatore di Marte Gerard de Vaucouleurs dal suo libro The Planet Mars ci danno un’idea:

“It is no exaggeration to say that if, in summer, we look at the Moon when it is just rising above the level of a tarred road that has been warmed by the Sun all day, we shall get a good picture of the conditions under which observers of Mars generally find themselves.”

Letteralmente:

Non e’ un’esagerazione dire che in estate se noi guardiamo la luna quando sta sorgendo in direzione di una strada che e’ stata riscaldata per tutto il giorno dal sole, prendiamo un bel esempio delle condizioni in cui un osservatore di marte generalmente si trova.


Probabilmente la cosa piu’ saggia da fare per rendersi conto di cosa e come la turbolenza influisca nelle osservazioni e’ affrontare una infarinatura di metereologia.


L’atmosfera Terrestre


La Terra e’ circondata, o meglio protetta, da un guscio gassoso di circa 500 Km composto per il 78% da azoto, per il 21 % da ossigeno e per il restante 1% da argon, anidride carbonica ed altri gas.

L’atmosfera ha dunque, permesso lo sviluppo della vita sul nostro pianeta mantenendo temperatura, umidita’ e pressione su indici ideali, per due fondamentali fattori:


  • la sua capacita’ di filtrare le radiazioni dannose provenienti dallo spazio.
  • Il suo ‘peso’, ossia, l’atmosfera e’ costituita da particelle che attratte dalla gravita terrestre esercitano sulla superficie, e quindi su di noi, una forza: la pressione atmosferica.


L’atmosfera e’ suddivisa in strati concentrici di diverso spessore e disomogenei per temperatura e densita’ (decrescente verso l’alto), che a partire dal basso sono:


  • Troposfera: compresa fra la superficie ed i 14500 metri di altezza, e’ lo strato piu’ denso dove avvengono tutti quei fenomeni di carattere meteorologico, causati dalla circolazione delle masse d’aria che danno vita ai venti, alle nuvole ed alle precipitazioni atmosferiche.La temperatura scende da circa 17 a -52°

  • Stratosfera: giunge sino ai 50.000 metri di altezza, dove e’ presente uno strato di ozono, un gas che, assorbendole,ci protegge dalle radiazioni ultraviolette.Meno densa della precedente qui, la temperatura cresce fino a -3° C.

  • Mesosfera: Ha inizio poco sopra la stratosfera e si estende per 85.000 metri . In questa regione, la temperatura scende, con l’aumentare dell’altudine, fino a -93°. Gli elementi chimici sono in uno stato di continua eccitazione, assorbendo continuamente energia dal Sole, e’ una zona ricca di particelle ionizzate che si lascia attraversare solo dalla luce visibile e dalle onde radio.La mesopausa separa la mesosfera dallo strato seguente.
    Le regioni della stratosfera e della mesosfere, insieme alla stratopausa ed alla mesopausa, rientrano in quella che viene definita tecnicamente media atmosfera o Ionosfera.

  • Termosfera: Ha inizio appena al di sopra della mesosfera e si estende fino a 600.000 metri di altezza. La temperatura si innalza con l’altezza a causa del maggiore flusso di energia solare e può raggiungere 1,727° C. In questo strato, che fa parte di quella che viene definita alta atmosfera, le reazioni chimiche avvengono più velocemente che sulla Terra.

  • Esosfera: l’ultimo strato, oltre il quale ormai siamo gia’ nello spazio esterno.I componenti primari di questa regione dell’atmosfera sono l’idrogeno e l’elio, presenti peraltro a densità estremamente basse.



Nella figura e’ inoltre indicata la linea delle temperature medie per altitudine.




L’atmosfera esercita nei confronti della radiazione elettromagnetica proveniente dallo spazio un’azione di disturbo, limitando cosi’ le bande osservabili solo a quella della luce e delle onde radio, sbarrando quindi il passo ai raggi gamma, ultravioletti ed infrarossi.
Tuttavia anche i raggi luminosi attraversandola non ne rimangono illesi, sono infatti sottoposti a delle perturbazioni, cambiano direzione e vengono dispersi o ‘consumati’ dagli strati che attraversano.

Tutti questi fattori, diciamo inquinanti, fanno giungere sulla superfice terrestre delle immagini SEMPRE ritoccate dagli effetti negativi che che ci fanno vedere le stelle in una posizione diversa da quella reale.

Quando la luce passa da un mezzo trasparente ad un altro, cambia di velocita’ e direzione. (Chi di voi non ha mai notato che immergendo un cucchiaino in acqua, esso sembra piegarsi nel punto in cui incontra l’acqua?)

Ogni mezzo trasparente ha questa caratteristica che viene detta “indice di rifrazione” , nel nostro caso “atmosferica”.

Questo effetto ottico varia in funzione dell’indice di rifrazione dei mezzi considerati (ovviamente ognuno ha il suo) , dall’angolo d’incidenza tra il raggio luminoso e la linea perpendicolare alla superficie di separazione dei mezzi attraversati dalla luce (detta normale).




Per questi motivi quindi l’effetto e’ massimo all’orizzonte, dove puo’ succedere che gli astri siano ancora visibili nonostante gia’ tramontati, o, nel caso particolare del Sole e della Luna, che presentino vistose deformazioni nei loro dischi.

Un’altro fattore importante per l’osservazione astronomica e’ l’assorbimento atmosferico che causa un indebolimento della luce, questo dipende sia dalla trasparenza atmosferica che dall’altitudine.
Quando l’assorbimento e’ tanto forte da spegnere le stelle piu deboli, si parla di estinzione atmosferica
Il fenomeno, che e’ dunque minimo allo zenit od ad alte quote, e con cielo privo di foschie, incide in maniera differente sulle varie lunghezze d’onda della luce.
I raggi solari ad esempio, verranno diffusi in maniera tale da comportare che le componenti spettrali a maggior dispersione saranno quelle corte (quelle verso il blu), da cui conseguentemente deriva il colore azzurro del cielo.

Come al solito tutto si amplifica al tramonto, quando la luce, provenendo da una angolazione diversa, compie un tragitto molto maggiore rispetto a quando il Sole e’ alto nel cielo.
I raggi solari risulteranno infatti ulteriormente indeboliti nelle parti a lunghezza d’onda piu’ breve, e quindi abbiamo il tipico colore rosso.



La Turbolenza



Come abbiamo visto l’atmosfera e’ come una matriosca di strati eterogenei, ne consegue che strati di aria calda e fredda alternati e in movimento creano la turbolenza atmosferica. La maggior parte della turbolenza si crea vicino alla superfice terrestre, fino ad un’altezza di circa 15.000 metri. A questa altezza l’atmosfera diventa via via piu rarefatta e le correnti d’aria o il vento tendono ad andare nella stessa direzione , riducendo drasticamente l’effetto della turbolenza, vento e depressioni.

In altre parola, piu in alto andiamo e piu’ stabile sono le correnti d’aria.

Un fattore di turbolenza ‘grande’ e’ generato dalla formazione delle onde orografiche di montagna, che si formano ai bassi strati, in corrispondenza di ogni ostacolo, sia naturale che artificiale il quale, esercitando una azione dinamica sul movimento dell’aria ed effetti sulle caratteristiche fisiche delle masse d’aria, provoca vortici aerei di diverse dimensioni e intensita’.



Lo stesso comportamento si ha di fronte ad ostacoli di piccole dimensioni, come alberi, edifici ed altro, ma in questo caso e’ preferibile parlare semplicemente di turbolenza.




Merita un cenno un fenomeno particolarmente fastidioso all’aviazione.

La maggior parte dell’atmosfera della terra si muove generalmente da ovest ad est.
In seno a queste correnti occidentali, gia’ di per se stesse forti, ed in prevalenza alle latitudini intermedie, esistono almeno due zone – una per emisfero – nelle quali viene concentrata l’energia cinetica delle particelle di aria, per formare una sorta di canale, di flusso d’ aria animato da straordinaria velocita’, al quale viene dato il nome di corrente a getto , fiume velocissimo di aria serpeggiante su un percorso dove l’asse delle velocita’ massime oscilla tra i 10 e i 13 km di altezza.



L’aria sopra e sotto la corrente a getto puo essere calma e regolare in una certa direzione, ma non sempre la corrente a getto ha la stessa direzione, quindi questo genera delle turbolenze veloci, potenti e sopratutto a “ciel sereno”, nel senso che non sono in nessun modo prevedibili dagli attuali sistemi metereologici.



Le particelle atmosferiche causano turbolenza


L’inquinamento influisce sul seeing.

L’inquinamento atmosferico urbano e industriale, detto Air pollution, provocato da tutte quelle particelle che circolano all’altezza del suolo, influisce negativamente sul seeing.

Tengo a precisare che in esame non ci sono solo le polveri generate direttamente dall’uomo, ma anche grossi cataclismi naturali quali le eruzioni vulcaniche.

Le particelle sospese provocano due effetti negativi sul seeing, come prima cosa non fanno passare le radiazioni essendo materia non trasparente ,(assorbimento atmosferico), inoltre sono in grado di immagazzinare calore pertanto generano delle correnti d’aria, quindi turbolenza.

E’ stato ampiamente misurato l’effetto nel periodo seguente all’eruzione del Mt. St. Helens (U.S.A.) negli anni 80.s, El Chichon (Mexico) e ancora il Penetubo (Philippine) nel 1991. Queste eruzioni hanno riversato in cielo quantita’ straordinarie di pulviscolo che “si'”, conferiva al cielo una tonalita’ rossastra, ma era indice di una quantita’ enorme di particelle in alta atmosfera, che nella banda equatoriale hanno compromesso il seeing. Le particelle sospese cominciano fin da subito a cadere a terra, ma questo processo puo’ impiegare mesi o addirittura anni, riducendo la trasparenza.

Anche le tempeste di sabbia, come quelle nel sud-est degli Stati Uniti o nei deserti africani, trasportano particelle in cielo peggiorando il seeing su vasta scala, basti pensare quando in Italia, causa una violenta tempesta in nord Africa abbiamo quella fastidiosa pioggia rossa che sporca le nostre auto.

Tutte queste condizioni provocano turbolenza.

Attualmente nella comunita’ scientifica c’e’ una disputa su cosa contribuisce maggiormente alla turbolenza atmosferica. Alcuni sostengono che il nostro seeing sia in pericolo per conseguenza della forte industrializzazione, altri invece che sia trascurabile l’operato dell’uomo se paragonato alle tempeste di sabbia oppure alle eruzioni vulcaniche.

Turbolenza e astronomia


E’ molto difficile prevedere quanto l’immagine che andremo a prendere al telescopio venga influenzata da tutti questi fattori.

Se la turbolenza, come abbiamo illustrato, si comportasse in modo semplicemente ‘stratificato’ le nostre immagini all’oculare, scintillerebbero, traslerebbero ma non si dovrebbero deformare.

Questa disomogeneita’, che introduce quindi forti deformazioni e stiramenti e’ causata dalle ‘finestre di turbolenza’.
In piccoli strumenti astronomici ,infatti, la grandezza apparente di queste ‘finestre di turbolenza sono paragonabili all’angolo apparente dell’oggetto che stiamo osservando sul piano focale del telescopio.

Osservando l’immagine si nota come un seeing ‘veloce’ possa danneggiare maggiormente la visione in un grosso strumento dove infatti le dimensioni angolari dell’immagine sono maggiori, quindi, le stesse ‘finestre’ influiscono in diverse aree dell’immagine. L’immagine planetaria, quindi, si deforma, sfoca, dilata e comprime.

Dobbiamo considerare quindi il cielo come fosse un mosaico di queste finestre, che variano caratteristiche in base a tutti i fattori citati.

La centrica, cioe’ la figura teorica data dal fenomeno della diffrazione, viene notevolmente alterata solo quando la turbolenza raggiunge un’entita’paragonabile al potere risolutivo del telescopio, mentre non viene alterata in modo apprezzabile se la turbolenza non supera la meta di questo valore.


Si e’ appurato con l’esperienza e il sistematico lavoro di grandi osservatori che le celle di turbolenza hanno una dimensione ben definita, ma ancora una volta c’e’ una variabile da inserire.

L’attuale modello astronomico per il calcolo del seeing elborato da Tatarski (1961) e Fried (1965), e’ pesantemente basato sul lavoro di Kolmogorov (1941) on atmospheric turbulence. Infine Roddier (1981) ha dato gli ultimi ritocchi.

A questo punto passo la parola a testi piu’ approfonditi e fonti piu’ attendibili.

Riporto solo la formula finale per la sua possanza…

Dp(r)  =  <[p(r‘)
p(r‘-r)]2>  =  6.88 (|r|/r0)5/3





Micrometereologia


La micrometereologia e’ lo studio dell’atmosfera fino a pochi metri dal suolo.

Il vapore acqueo ha massa e lo possiamo considerare come un fluido, l’umidita che in certi periodi dell’anno in Italia puo raggiungere il 100% ci indica quando l’aria diventa foschia.
I metereologi chiamano questo indice ‘dew point’ letteralmente “Il punto di rugiada”.

Vicino alla superficie terrestre ci sono ostacoli come montagne, laghi, costruzioni artificiali, alberi e alto che interrompono i flussi d’aria danneggiando il seeing.

Siccome non possiamo influenzare l’atmosfera in nessun modo, conviene scegliere il posto quando decidiamo di osservare il cielo.

Quando pianifichiamo una sessione osservativa e’ importante trovare un posto il piu alto possibile ( come detto in precedenza i flussi d’aria sono meno turbolenti in montagna piuttosto che in pianura).

Ad esempio, osservare dal lato di un lago nella direzione in cui va il vento , ‘lee side’ puo essere interessante in quanto, l’aria tende ad essere più saturata e spesso questo causa un’inversione di temperature su quella zona rendendo cosi le condizioni osservative decisamente migliori. Quando si verifica questa condizione si genera un specie di nebbia sul suolo rendendo l’aria sovrastante meno turbolenta.

Sugli oceani e vicino alle aree costiere definire i movimenti atmosferici e’ molto complesso e necessiterebbe approfondite spiegazioni è importante comunque, sapere che i movimenti atmosferici garantiscono seeing eccezionali ma cambi bruschi e imprevedibili.

Gli albri rilasciano calore e emettono vapore acqueo durante la notte, rendendo turbolenta la zona sovrastante. Il pino e’ l’abero peggiore in questo senso ed e’ sconsigliato fare osservazioni vicino a zone fortemente popolate.

Generalmente quello che in una foresta influisce maggiormente sul seeing sono le correnti d’aria ascensionalo che si creano tra gli alberi. Nelle foreste di queste conifere, oltre a questo fattore, se ne aggiunge un’altro negativo, in breve, i coni sono avvolti da polveri che vengono riasciate dopo il tramonto, immettendo in aria altre particelle indesiderate.

Questo fenomeno, combinato alle correnti ascensionali causa una maggior turbolenza sui pini.

Se e’ vero questo, d’altro canto e’ interessante sapere che la turbolenza sopra le foreste, durante le ore diurne, cala sensibilmente dando un’ottimo seeing agli osservatori del sole.



Come calcolare il seeing


A questo punto e’ piuttosto chiaro come sia necessario trovare un sistema per cercare di definire in una serata osservativa un indice per questa ‘turbolenza’ che indichi in modo il più possibile univoco il seeing.Per ovvi motivi non si utilizza la formula Tatarski-Fried, bensi si cerca di creare un sistema semplice e sopratutto diffuso.

Per la stima del seeing esistono diversi sistemi adottati, nati in circostanze differenti, per scopi a volte non identici.



In Europa la maggior parte delle associazioni adotta la scala di Antoniadi, espressa in 5 gradini, in cifre romane.

Negli USA, Giappone …, principalmente in ambito A.L.P.O. (Association of Lunar and Planetary Observers), si usa una scala a 10 gradini come la Pickering, ma differenti nel significato.

Quali sono i pro, i contro e i retroscena di queste 3 scale (Antoniadi, A.L.P.O., e Pickering) ?



La scala di Antoniadi e’ stata formulata per descrivere l’effetto della turbolenza sull’immagine dei PIANETI.
Quella di Pickering descrive lo stesso, ma sulla figura di DIFFRAZIONE delle STELLE.
Quella dell’ALPO, che dalla precedente prende ispirazione, e’ essenzialmente un VOTO alle condizioni del seeing: infatti, praticamente nessuno punta una stella (anziche’ il pianeta in esame) per valutare la turbolenza.

Se guardiamo le cose piu’ in dettaglio, sappiamo che la scala di Antoniadi non e’ un “voto” ma ogni gradino corrisponde ad una valutazione dell’aspetto dell’immagine .

La scala di Antoniadi, adottata anche in Italia dalla Sezione Pianeti, si basa direttamente sull’ aspetto di un disco planetario, ed e’ descritta analiticamente come segue:



Scala Antoniadi




I Eccezionale. Immagine perfetta e immobile. Tollerate lievi e rare ondulazioni che non pregiudicano la definizione anche dei particolari piu’ minuti.
II Buono. Lunghi intervalli con immagine ferma, alternati con brevi momenti di leggero tremolio.
IIIMedio. Immagine disturbata da tremolii, con alcuni momenti di calma.
IV Cattivo. Immagine costantemente perturbata da persistenti tremolii.
V Pessimo. Immagine molto perturbata che a stento permette di eseguire uno schizzo approssimativo.





La scala di Pickering, creata da William H. Pickering (1858-1938) usando un rifrattore da 5″ (13cm) , e’ stata invece formulata per l’osservazione delle stelle doppie ed e’ quindi associata al grado di “distruzione” della figura di diffrazione ad opera della turbolenza.

Essa la si valuta quindi su una stella ed e’ molto “severa”. Ovvero, un voto in scala di Pickering (su una stella) relativamente brutto, puo’ corrispondere ad un’immagine planetaria piu’ che accettabile per i comuni mortali.

Di seguito una versione animata della scala , creata con Abberrator V2, basandosi sulla descrizione di Pickering sull’aspetto del disco di Airy.


Pickering 1 rating – Very Poor.

(1.) Star image 2x the diameter of the 3rd diffraction ring – Star image 13″ in diameter.

Pickering 2 rating – Very Poor.

(2.) Star image occasionally 2x the diameter of the 3rd ring.

Pickering 3 rating – Poor to Very Poor.

(3.) Star image about the same diameter as the 3rd ring (6.7″) and brighter at the centre.

Pickering 4 rating – Poor.

(4.) Airy disk often visible. Arcs of diffraction rings sometimes seen.

Pickering 5 rating – Fair.

(5.) Airy disk always visible. Arcs frequently seen.

Pickering 6 rating – Fair to Good.

(6.) Airy disk always visible. Short arcs constantly seen.

Pickering 7 rating – Good.

(7.) Disk sometimes sharply defined. Diffraction rings seen as long arcs or complete circles.

Pickering 8 rating – Good to Excellent.

(8.) Disk always sharply defined. Rings seen as long arcs/complete circles, always in motion.

Pickering 9 rating – Excellent.

(9.) Inner diffraction ring stationary. Outer rings occasionally stationary.

Pickering 10 rating – Excellent/Perfect.

(10.) The complete diffraction pattern is stationary.




Ora, e’ chiaro che potremmo inventarci scale “fini” e “finissime” formulando criteri di confronto con l’agitazione dell’immagine.

E’ quello che piu’ o meno ha fatto anche l’ALPO.

Tuttavia, che scopo ha la valutazione del seeing?

Semplicemente quello, quando si comunica un’osservazione o una foto, di “trasmettere” anche il livello di difficolta’ (dovuto alla turbolenza) di cui l’osservatore ha sofferto.

Questa personalissima difficolta’ e’ quindi ben “soggettiva”, e non puo’ che essere altrimenti.

La scala usata, se condivisa da tutti, puo’ essere considerata come un riferimento un po’ piu’ oggettivo, che serve a chi interpreta le osservazioni per avere un raffronto immediato.

Quindi, qual’e’ la scala che soddisfa meglio questa esigenza?

Senz’altro quella che contiene solamente le informazioni utili e nulla piu’.

In questo senso, la scala di Antoniadi e’ essenziale, semplice da usare, e soprattutto corrisponde ad una scala precisa, basata esplicitamente sull’aspetto telescopico dei pianeti.

Ci dice, ad esempio, che e’ inutile distinguere tra un’immagine perfettamente immobile ed una affetta da tremolii temporanei e giudicati ininfluenti.

E’ chiaro che l’osservatore percepira’ la differenza, ma e’ inutile annotarla e tramandarla se il suo effetto sull’immagine del pianeta sara’ nullo.

In altre parole, tra un’osservazione eseguita con seeing III (siamo quindi nella scala Antoniadi) e un’altra con seeing IV, ebbene so che c’e’ una differenza e so a cosa corrisponde.

Se uno invece mi scrive 7 o 8/10 (ALPO), qual’e’ la differenza tra i due? Forse chi ha scritto il valore saprebbe spiegarmelo…. ammesso che possa avere una qualche importanza pratica.

Ecco pero’ che allora, se ogni osservazione richiede una spiegazione, cessa lo scopo stesso per il quale le scale sono nate: Quello di evitare di descrivere il seeing a parole.

Da circa un secolo la BAA inglese e molte altre associazioni europee adottano quindi la scala di Antoniadi, buon compromesso tra sintesi e descrizione.

All’atto della nascita della Sezione Pianeti UAI, tornando in Italia, si e’ quindi deciso di aderire a questa diffusa convenzione.Ovviamente questo ha una valenza a patto che i più la adottino in questo modo si facilita il compito dei coordinatori e di chi utilizza le nostre osservazioni o immagini.

Personalmente adotto il sistema pickering, ma anche qui qualche perplessita rimane.
Se consideriamo la scala lineare per definire il seeing, quando e come potro’ dare una stima di 10/10, sapendo che un 11/10 non dovrebbe esistere?.

Per ora mi accontento di immaginarla attribuendo valori definiti dall’unica cosa che alla fine da a questo hobbie un qualcosa di scientifico… l’esperienza.Sia chiaro per scientifico non intendo utile ai professionisti, bensi’ un sistema il piu’ coerente possibile che mi permetta di classificare le mie precedenti ripreseo osservazioni.







Tutte le informazioni, sono state raccolte da vari articoli pubblicati, discussioni in Mailing Lists, e altro inerenti all’astronomia, nautica, metereologia in inglese e Italiano.

Gennaio 2004



Bibliografia:


  • FAA AC. no 00-30 b Atmospheric Turbulence Avoidance;
  • J. Oldani – Meteorologia – De Vecchi Editore

  • Le correnti a getto (Elmar R. Reiter)
  • ML:AstroHires msg:5640 Paolo Tanga
  • M. Giuliacci – Il vento e il tempo – MURSIA
  • F. Di Franco – Come si prevede il tempo – MURSIA
  • Personal site of Damian Peach (Image animation Pickering stars of Damian Peach).
  • Le Stelle doppie – Edizioni Sirio – Nuovo Orione
  • Fried, D.L., 1965, J. Opt. Soc. Am., 55, 1427.
  • Kolmogorov, A.N., 1941, in Tikhomirov, V. M., ed, Selected works of A.N. Komogorov, Mathematics and its applications (Soviet series), Klewer Academic press (1991).
  • http://www.ing.iac.es/Astronomy




Testi consigliati:


  • Finzi G., Pirovano G. e Volta M.: “Gestione della qualit… dell.aria. Modelli di simulazione e previsione”. McGraw-Hill Libri Italia, Milano, 2001.
  • Holton J.R.: “An introduction to dynamic meteorology”. Academic Press, San Diego, 1993.
  • Jacobson M.Z.: “Fundamentals of atmospheric modeling”. Cambridge University Press, Cambridge (UK), 1999.

  • Panofsky H.A. e Dutton J.A.: “Atmospheric turbulence”. John Wiley & Sons, New York, 1984.
  • Stull R.B.: “An Introduction to boundary layer meteorology”. Kluwer Academic Publishers, Dordrecht, 1994.
  • Zannetti, P.: “Air Pollution Modeling: theories computational methods, and available software”.
    Computational Mechanics Publications (Southampton e Van Nostrand Reinhold (New York), 1990.
  • Ho trovato inoltre interessante il link: http://www.ing.iac.es/Astronomy/development/hap/haphomepage.htm